Grafologia teorica e pratica

Il canale e non l'argomento

La penna chiama! Non posso stare troppo tempo senza prendermi cura di voi.
Abbiamo bisogno uno dell’altro e sono convinta che nonostante tutto, noi umani sapremo fare ancora meglio di quanto immaginiamo.
 
Non poniamo obiettivi troppo onerosi in troppo poco tempo, se c’è una cosa che ho imparato è che per arrivare lontano bisogna fare uno scalino alla volta e rispettare dei tempi, in quanto quello che accade oggi è frutto di ciò che è stato ieri, e domani dipende da come oggi gestiamo i rimandi del passato e nel passato c’è una quantità di ferite e dolori così imponenti che non è possibile guarirli in tempi corti. Tanto dolore significa tanta convalescenza.
 
Salvare il mondo non è un compito facile, ma soprattutto vale una regola davvero preziosa  ( fra le tante ) quanto poco conosciuta: salvare sé stessi è il primo passo per salvare poi gli altri.
 
Facciamo una preziosa analogia.
Se vi trovate su di un peschereccio e un vostro amico cade in acqua, se non siete in grado di nuotare, dovete cercare qualcuno che sappia farlo e avvisarlo. Non dovete farvi prendere dall’idea di sacrificarvi per la solidarietà, altrimenti una volta in acqua ci sarà un’altra persona da salvare, o quanto meno l’altro si salverà a scapito della vostra vita e alla fine ci sarà stato comunque il sacrificio di una persona per la vita di un’altra e la condizione iniziale ( una persona in pericolo e una salva ) rimarrà uguale.
 
L’idea di sacrificarsi per qualcuno che ha bisogno a scapito dell’integrità del nostro benessere, deve venire accantonata: la sofferenza va curata da chi sa gestirla, non ci si deve improvvisare salvatori.
 
Salvare le persone ( in qualsivoglia forma ) è un gesto nobile, ma non dobbiamo salvare nessuno se poi come risultato sarà che avremo poi noi bisogno di venire salvati.
Se non siete in grado di fare qualcosa del genere, non fatevi prendere dal senso di colpa!
 
Ognuno di noi ha i propri limiti e se non siamo i primi a rispettarli, finiremo non solo per non aiutare la persona in pericolo, ma addirittura caricheremo sulle spalle della società una nuova persona da salvare.
 
Se salverete adeguatamente voi stessi avrete fatto un enorme servizio anche a chi vi sta intorno senza bisogno di fare gesti da eroe. Con questo non significa che non dobbiamo aiutare mai nessuno, ma che è necessario fare affidamento a figure adatte alla situazione in corso nei confronti della persona bisognosa.
Inoltre salvare qualcuno non è un gesto singolo di grande portata, perché se un vostro amico con il vizio del gioco vi chiede di dargli una grossa somma e voi in fiducia gliela elargite, non solo non avrete risolto il problema, ma addirittura avrete sostenuto la sua e la vostra rovina economica.
 
Esse buoni non significa non fare mai soffrire nessuno.
Essere buoni è un concetto profondo e complessissimo che solo con un lungo e impegnativo percorso è possibile realizzare.
 
La bontà di una persona non è né infinita tanto meno eterna, come ogni cosa ha i suoi limiti, non può una sola persona occuparsi del bene completo di un’altra persona, deve essere un sistema di più persone che si prendono cura di ogni aspetto della vita di una persona bisognosa. Vorrebbe conoscere meglio sé stesso? C’è il grafologo. Si è fratturato un osso? C’è l’ospedale. Ha bisogno di riparare l’auto? C’è il meccanico. Ha perso la vita un familiare? C’è lo psicologo. Manca il divertimento? Ci sono i parchi a tema. Si vuole investire il denaro? C’è il consulente finanziario.
 
Come vedete non esiste una sola persona per tutti i nostri bisogni.
 
Ognuno di noi quando è in condizioni di bisogno estremo vorrebbe poter risolvere subito il problema.
Infatti quando si ha una difficoltà enorme a livello emotivo, si tende a scegliere soluzioni:
 
    1. Semplici;
    2. veloci e istintive;
    3. di grande impatto.
 
Ogni punto è un errore ( umano e comprensibile ) peggiore dell’altro.
Il terapista è perfettamente consapevole di quanto una persona stia soffrendo, ma non può mettere in ordine le difficoltà di una persona in poche sedute, c’è bisogno di una educazione lenta, faticosa e tanto impegnativa, ma come tutte le cose importanti, necessita tempo e pazienza.
 
Quando una persona è arrivata al baratro della disperazione, non c’è solo un aspetto della sua vita che è stato compromesso, ma si tratta di qualcosa di sistemico.
È come aver accumulato posta non letta per decenni. Non si può semplicemente buttare via tutto e ricominciare; è necessario mettersi lì e aprire una alla volta le lettere ( considerando inoltre che continueranno ad arrivarne altre ) ed educarsi alla sana abitudine di aprirne ogni giorno prendendo atto delle comunicazioni, imparando a valutarle come più o meno urgenti, classificandole poi per priorità, responsabilizzandosi di compiere le azioni richieste dai mittenti.
 
Certamente alle persone con seri problemi non piace cambiare atteggiamento, perché è difficile e impegnativo, non ne vedono subito il risultato quindi sono estremamente restii ad affrontare i problemi come andrebbe fatto. Il terapista si occupa proprio di responsabilizzarli aprendo il canale personalizzato per il paziente. Sanno distinguere in che modo è più produttivo per l’assistito affrontare un passo alla volta i propri problemi, valorizzando ogni loro azione propositiva e invitandoli a fare lo stesso con loro stessi.
 
Perché sì, è con i premi meritati che si educano le persone. Una persona deve provare piacere quando compie un gesto faticoso, altrimenti rimane demotivata, ma è fondamentale che il premio venga elargito in modo controllato, altrimenti il patto fatto con noi stessi viene meno e anche la fiducia nelle nostre capacità viene minata.
 
Il terapista incontra ogni giorno persone più o meno sofferenti e le deve aiutare per gradi, proprio il contrario dei tre punti in precedenza indicati:
 
    1. da soluzione semplice a consapevolezza che se il problema è complesso, necessita di rimedi altrettanto complessi;
    2. da azione veloce si passa ad azioni lente e pensate;
    3. da comportamenti di grande impatto scenico a piccoli gesti quotidiani apparentemente insignificanti ( e quindi più facili da gestire e attuare ) che nel lungo termine costruiranno un risultato duraturo ed evidente.
 
In conclusione: se la situazione è di 1 persona in pericolo e 1 in salvo, e quella in salvo non sa aiutare la prima, cerchiamo prima di tutto di mantenere lo stallo, al massimo si può avvisare una figura più preparata che agisca al posto nostro, altrimenti poi la statistica salirebbe a 2 persone in pericolo e 0 in salvo.
Essere buoni non significa sacrificarsi a costo di rovinarci, altrimenti poi la statistica sopra indicata semplicemente si inverte ad 1 persona non più in pericolo e 1 persona da salvare… lo scopo è mantenere quanto meno lo status quo in attesa dei soccorsi.
Il sacrificio non è un atto di coraggio, alle volte è dettato dal senso di colpa, e questo non è più accettabile nel 2022, non con le conoscenze e i mezzi che abbiamo.
Aiutarci a vicenda è la base della sopravvivenza umana, ma è fondamentale aiutarci nei limiti delle nostre possibilità. Se non potete salvare qualcuno, quanto meno prima di tutto salvate voi stessi, la società vi ringrazierà comunque. Se valorizzerete il vostro star bene, credetemi farete un enorme bene a chi vi circonda e anzi darete con il vostro comportamento, un esempio da seguire che nel tempo seminerà consapevolezza e voglia di star bene anche in chi non immaginate.
 
L’esempio conta più di mille parole. Siate prima di tutto quell’esempio per voi stessi, e credetemi, sarete preziosissimi se vi renderete responsabili di gesti sani compiuti ogni giorno piuttosto che agitando sensazionalistici comportamenti da eroe, perché se c’è un eroe c’è anche un carnefice, e quel carnefice avrà sicuramente delle vittime, e non vi piacerà sapere che potreste essere dentro tutti e tre i ruoli senza rendervene conto.
Attenti agli eroi... portano con sé solo vittime e persecutori: ma di questo ne parleremo nel prossimo articolo.
 
Are you ready for your summary?
 
    1. Salvare sé stessi è il primo passo per salvare poi gli altri;
    2. L’analogia del peschereccio;
    3. Sacrificio a costo della vita? Io dico di no;
    4. Esse buoni non significa non fare mai soffrire nessuno;
    5. Le caratteristiche delle soluzioni di chi soffre molto;
    6. L’esempio della posta non letta;
    7. Le caratteristiche delle soluzioni del terapista;
    8. In conclusione;
    9. To be continued: Il Triangolo Drammatico di Karpman
 
Io mi sono presa cura di me stessa e lo faccio ogni giorno, impegnandomi a fare la mia parte per sostenere il benessere collettivo e la consapevolezza della propria importanza nel mondo.
 
Se un gesto piccolo vi sembra poco importante mettete una piccola zanzara nella vostra stanza la notte. Vedrete che non sarà poi tanto insignificante come cosa. Fate conto poi se di zanzare ne mettete 20... a voi la mossa Pennini miei!
 
Sempre vostra Iro Järvinen
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