Grafologia teorica e pratica

Fidati se ne hai il coraggio

Un Pennino è diverso da ogni altro Pennino, e ciò che li accomuna però è il desiderio di andare oltre il proprio seminato e scoprire una realtà più ampia.
 
Oggi vorrei parlarvi della sofferenza. Ma non della sofferenza che provate ogni giorno dentro il vostro intimo personale, intendo proprio quella sofferenza che provate poiché vedete soffrire altri, specialmente le persone care, e che per quanto li aiutiate, loro continuano a cacciarsi nei guai e vi dovete prendere voi la responsabilità di risolvere i loro problemi.
 
Prima di tutto, se non lo avete già fatto, vi chiedo di andarvi a leggere un mio precedente articolo:
“Se sei un eroe, chiediti per chi e contro chi combatti: non ti piacerà la risposta” 
 
Oggi vorrei approfondire l’argomento, avvicinandoci a qualcosa che potrebbe darvi molto su cui riflettere. Si tratta di una prova di forza affatto facile, ma che potrebbe essere fondamentale per aiutare le persone in modo assolutamente utile.
 
Nel mio lavoro di grafologa ho il sacrosanto dovere di mantenere il segreto professionale riguardo al cosa mi venga liberamente rivelato in sede di colloquio, ma fra tutte le storie che sento ogni giorno, mi rendo conto che c’è un sottile filo conduttore che accomuna molti miei assistiti ( oltre che me in prima persona ).
 
Per mettere in chiaro le cose: io non faccio alcuna forma di terapia, e sono niente altro che una ascoltatrice passiva che accoglie le parole degli assistiti senza giudizio che desiderano semplicemente un luogo protetto dentro cui sfogarsi. Ovviamente quando mi rendo conto che le problematiche presentate esulano completamente da un banale consiglio in confidenza, io rimando sempre ad uno specialista più qualificato di me, in quanto ho a cuore il benessere dei miei assistiti e se posso fare da punto di aggancio per un percorso più profondo, io mi adopero sempre per realizzare questo anello, singolare quanto prezioso.
 
La situazione che oggi voglio trattare riguarda l’amore apparentemente incondizionato che un individuo prova per un altro individuo e che lo aiuta nella speranza che questi, in futuro, si redima e non commetta più gesti  che possano metterlo nei guai: questa cosa fa più danni di quanto si immagini.
 
Ogni giorno intere famiglie affrontano dolorosi percorsi per prendersi cura dei propri figli che non sanno essere responsabili, esattamente come nelle coppie ci si prende cura del proprio partner incapace di fare scelte coscienziose che lo conduce sempre a situazioni critiche. Per non parlare di amici e amiche che ci tengono sotto controllo in quanto non siamo capaci di dire di no a cattive abitudini che di giorno in giorno ci consumano sempre più a fondo nel corpo e nella mente.
 
È un dramma in ambo i sensi: chi aiuta e chi viene aiutato. A tutti in un modo o nell’altro è successo di cercare di aiutare qualcuno ad ogni costo o di venire aiutati in modo disfunzionale, e qui voglio descrivere cosa si provi nel passare da una posizione all’altra. Infatti chi aiuta o viene aiutato, sta vivendo la stessa orribile condizione di un triangolo drammatico fatto di buone intenzioni che si concludono con il peggioramento costante della situazione.
 
Ma partiamo da una domanda apparentemente ovvia, ma che poi tanto ovvia non è: cosa significa aiutare? 
Santo cielo….l’aiuto. L’aiuto è qualcosa di altamente delicato, e moltissime volte sfocia in atteggiamenti che non solo non aiutano concretamente una persona, ma che addirittura aggravano la situazione. Ma come?
Facciamo un esempio. 
Ero adolescente. Io e una amica stavamo sedute in fermata e stavamo attendendo l’arrivo del bus. Un ragazzo ci avvicina e gentilmente ci chiede di poterlo aiutare con 1€, in quanto voleva raggiungere la cifra di 5€ per potersi prendere un panino al MC.
Io non ci ho pensato troppe volte: l’ho accontentato e subito il ragazzo è schizzato di corsa attraverso la strada principale ( era di ben tre corsie per senso di marcia ) per poi sparire fra i palazzoni cittadini. Dopo pochi minuti ci raggiunge un tale e ci disse: “lo sapete dove è andato quel ragazzo? Grazie al vostro contributo gli avete permesso di comprarsi la droga. Non fatelo mai più. Non date più soldi, anche se sono pochi euro. Non è questo il modo di aiutare le persone.”
 
Sono passati più di 15 anni dall’evento, ma quanto ci ripenso, tutt’ora sono mortificata come fosse accaduto poco fa.
 
In questo tragico caso il ragazzo è stato aiutato in buona fede e alla fine quello che ne ha ricavato è stato un tragico protrarsi della sua situazione già troppo grave.
 
Questo racconto ci mostra come non basti assolutamente la buona fede per aiutare qualcuno. L’intenzione, se è ingenua, può portare a danni più che a miglioramenti.
 
Quindi il primo sacrosanto caposaldo del concetto di aiuto è che la buona intenzione è una base che non sta in piedi da sola. Ha bisogno di altro.
 
Il primo appoggio fondamentale che mi viene in mente è che chi vuole aiutare, deve avere la consapevolezza che l’aiuto, quello vero, è dispendio di energie e risorse. Se vogliamo aiutare qualcuno i primi a conoscere la relazione di aiuto, dobbiamo essere noi, in quanto avviene già all’interno di noi stessi. Dobbiamo fondamentalmente essere in plus di energie e risorse per aiutare qualcuno, altrimenti non possiamo fare proprio nulla per le persone, se non metterci anche noi nei guai. Fate conto che in tasca avete 1000,00€, e che la nostra amica abbia bisogno di una cifra pari a 2000,00€: o facciamo noi debito per coprire la sua necessità oppure, coscientemente diciamo di no, altrimenti non è più aiuto, in quanto un sostegno donato deve aumentare il numero di persone in salvo, e non diminuirlo. 
 
Questo quindi ci porta al successivo appoggio, e dice che un aiuto è tale se viene richiesto, e si lavora quindi in due. Ci deve essere l’intenzione e l’impegno da ambo le parti.
Come una persona sprofondata in un profondo buco, se vuole uscire è fondamentale sia che noi tendiamo la mano, sia che anche lui \ lei si sforzi per afferrarla.
Se l’altro non vuole sforzarsi per uscire dalla trappola in cui si trova, nonostante le sue lamentele continue, noi dobbiamo prenderci il pieno diritto di non fare nulla.
 
Ecco che si presenta un altro caposaldo, ed è senza dubbio il concetto di mettere un limite.
Alle volte ( anzi, alle spesse volte ) mettere un limite, dire di no, è molto più salutare per entrambe le persone piuttosto che svenarsi dicendo un sì sterile.
Saper mettere i confini non fa di noi delle cattive persone.
Ricordate che nella percezione umana, tanto più è abbondante una risorsa in natura, tanto più basso verrà considerato il suo valore: questo significa che se regalate in abbondanza senza mai valorizzare ciò che donate ( nel senso considerandole molto facili da fornire e senza chiedere nulla in cambio ) le persone presto o tardi considereranno quelle cose di poco valore e quindi che si possono tranquillamente sprecare. Più invece un dono viene impreziosito e reso difficile da ottenere, tanto più difficilmente le persone lo maltratteranno, poiché avranno speso tempo e risorse per ottenerlo, perciò lo tratteranno bene.
 
Un altro appoggio fondamentale è la competenza. Vedete: magari la persona è intenzionata a farsi aiutare e lei tende anche la mano; lei guarda voi perché voi siete le persone più vicine a lei in quel momento, ma se voi non avete i mezzi per aiutarla nella sua condizione, potete al massimo adoperarvi per reperire lo specialista migliore che possa risolvere il problema.
Se invece vi ingegnate tuttologi, cercando di mostrarvi competenti per sentirvi importanti ( qui a questo punto c’è più un problema di autostima da parte nostra, in quanto abbiamo bisogno di attirare l’attenzione, non importa quale che sia la conseguenza di un nostro gesto errato, l’importante è apparire i migliori ) qui succede un bel guaio.
Se non sapete cosa fare: fate da megafono e cercate chi è più competente di voi, non ingegnatevi.
Ammettere di avere un limite di competenze, è forse fra i gesti più consapevoli e responsabili che si possano compiere, in quanto vi rendete conto che potreste peggiorare la situazione, e che piuttosto che sfruttare l’occasione in favore di un ego ferito ( che ahimè avrebbe altrettanto bisogno di aiuto ), preferite ammettere la vostra impossibilità di agire direttamente e lasciare campo libero a chi è più preparato.
 
Mostrarsi incompetenti non fa di voi una persona inetta, ma, al contrario, fa di voi una persona responsabile che sa affidarsi ad un esperto più competente. In questo modo lasciate un esempio non di poco conto alla persona: sapersi fare da parte, è un segno di autostima e fiducia, in quanto si conoscono i propri limiti e li si apprezza, cercando di non gonfiare il nostro ego in quanto già adeguatamente valorizzato, per poi sapersi fidare di altre persone che facciano il loro dovere.
 
Quindi tutto questo per dire che: il saper aiutare e il saper farsi aiutare, è basato sul continuo uso di questa dicotomia dentro e fuori di noi. Chi sa davvero aiutare, è perché sa perfettamente come comportarsi, o a chi rivolgersi in caso di mancata competenza, o addirittura il non fare nulla quando la persona in difficoltà non vuole aiuto, o peggio chiede un sostegno disfunzionale.
 
Per fare questo ci vuole esperienza e tanti tanti tanti errori, ma soprattutto: dovete fidarvi della persona che state aiutando, che essa ( a modo suo ) troverà la via per essere felice.
 
Qualcosa però che non ho ancora detto è che nelle relazioni, alle volte dobbiamo subire e accettare che una persona a noi estremamente cara, voglia fare qualcosa che non ci piace o che addirittura la metterebbe ( testardamente ) in grosse difficoltà. Possiamo dare il nostro contributo, possiamo tentare di fermarla, possiamo fare di tutto, ma se lei o lui vuole a tutti i costi proseguire per la sua strada, allora noi non siamo obbligati a metterle i bastoni fra le ruote.
Perciò ricordatevi: relazione significa anche vivere una completa, frustrante, dolorosa, inaccettabile impotenza.
 
Essere impotenti fa parte della realtà, e forse la cosa più difficile ed esasperante del mondo, è proprio farsi da parte e lasciare campo libero alle persone che amiamo, anche se questo significa che soffriremo molto a causa del loro dolore, che noi subiremo impotenti in quanto quella persona non vuole il nostro aiuto.
 
Questo è forse il passo più difficile di tutti, e credo vada sviscerato molto bene: quando siete impotenti e ( soprattutto! ) riconoscete di esserlo, dobbiamo avere il coraggio di responsabilizzare la persona che amiamo, e cioè pensando e facendo passare il messaggio che essa ( anche se con indicibili errori ) troverà la sua via per vivere una vita felice.
Non importa che possa addirittura perdersi completamente: e addirittura non importa se non ci riuscirà, poiché non è colpa vostra se non ci riuscirà, in quanto ( sono del tutto certa ) voi avrete fatto di tutto per prendervene cura come potete, ma alle volte è necessario lasciar andare.
Il vostro compito non è di sostituirvi a lui \ lei. Il vostro compito è dare un contributo, grande o piccolo che sia, ma è un contributo, non un sostituirsi alle scelte dell’altro...anche perché vi rivelerò il segreto: forse lei \ lui sta proprio scappando dalle imposizioni ( anche se in buona fede ) che voi gli state imponendo. Forse la sua guarigione è proprio data dallo smettere di imporvi su di lei \ lui.
 
Forse lei non conosce la sua strada, ma voi ( per certo ) conoscete ancora meno quale via lei debba affrontare e vivere con i suoi strumenti. Se voi invece le lascerete spazio di manovra, forse, essa stessa troverà il modo di mettersi in gioco dove voi non avreste mai nemmeno messo piede per paura di farvi male. Forse lei ha un coraggio e una forza che voi non riconoscete come tali, e proprio dandole fiducia, inizierete a passarle il messaggio che dice: “so che ce la puoi fare, mi fido di te”.
 
Se le date fiducia, molto più facilmente essa stessa inizierà ad averne per sé, in quanto, alle volte, se anche non vediamo “i segnali rivelatori” che vogliamo, arriveremo comunque a capire che lei può farcela, in un modo che non immaginate: ne tu né lei.
 
Alle volte non serve molto: se non un...ti lascio andare, perché tu sia libera di essere come sei.
 
Alle volte ( anzi alle spesso ) l’aiuto sta proprio nel riconoscere cosa possiamo o non possiamo fare, e riconoscendo i nostri limiti, insegniamo a chi ci circonda, che anche loro possono essere limitati. Magari all’inizio non capiremo nemmeno noi il reale guadagno di un simile gesto, ma poi nel tempo, impareremo a vedere i frutti di queste scelte profonde e complesse.
 
In conclusione: aiutare è un gesto che si basa anche sul sapere quando non fare nulla, il semplice ( ma complesso ) fare un passo indietro, anche quando vorremmo correre la maratona per lei. Forse se la lascerete correre, compirà più vittorie di quante ne fareste voi per lei. E ricordatevi: il non riuscire ad aiutare qualcuno, non fa di voi degli egoisti, ma delle persone sane, che sanno dove fermarsi.
 
Are you ready for the next article? I’m sure of your positive answer, but now it’s better rewind the tape, to let you make clear the mind:
    1. L’amore apparentemente incondizionato fa danni;
    2. Il dramma di chi aiuta e viene aiutato;
    3. Cosa significa aiutare?
    4. Primo caposaldo: la buona intenzione non basta;
    5. Secondo caposaldo: aiuto significa spendere risorse ed energie che dobbiamo avere in eccesso;
    6. Terzo caposaldo: un aiuto è tale se viene richiesto, e si lavora quindi in due;
    7. Quarto caposaldo: mettere un limite per valorizzare, l’abbondanza quindi può venire sprecata;
    8. Quinto caposaldo: la competenza;
    9. Sesto caposaldo: relazione significa anche impotenza;
    10. L’importanza del dare fiducia;
    11. In conclusione.
 
Se siete arrivati fin qui, sappiate che la mia opinione non è perfetta, che anzi ha bisogno del vostro contributo per divenire più ampia e consapevole, perciò accolgo con piacere consigli dubbi e opinioni \ esperienze diverse dalla mia. 

Grazie a Rodnae Production per l'immagine

Un caro saluto dalla vostra, sempre immortale, Iro Järvinen
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